Storia di Costacciaro
L’etimologia del nome “Costacciaro”, “Collis Stacciarii”, è di pressochè certa origine antroponimica, potendosi far risalire al nome di un antico possessore del castello: Stacciarius. La famiglia fondatrice, d’origine eugubina, fu probabilmente quella degli Stacciari, ancor oggi presenti a Gubbio. La costruzione dell’antica Via Flaminia, accanto a templi, terme e santuari, favorì anche il sorgere di numerosi borghi che, una volta caduto l’Impero Romano, divennero sempre meno sicuri a causa delle frequenti invasioni barbariche. Questo fu lo stimolo principale per la costruzione di fortificazioni come Costacciaro, poste sulla cima dei colli limitrofi, che riuscirono a sfuggire alle scorrerie delle popolazioni germaniche.
Fonti documentali riportano che, nel corso del XIII secolo, il Comune di Gubbio iniziò il programma di difesa del suo vastissimo territorio, costruendo nuovi castelli e ampliando quelli già esistenti, compreso Costacciaro. Per sei secoli il castello fece parte integrante del Comitato Eugubino. Nel 1384 si assoggettò spontaneamente alla Signoria di Urbino. Come per molti altri castelli di questo territorio, la storia di Costacciaro fu legata per secoli a quella di Gubbio, dividendo con questa città momenti alterni di pace e di lotte e risentendo moltissimo anche dei suoi contrasti interni, in particolare della fase che precedette la sua dedizione alla Signoria di Urbino. Trovandosi all’ingresso della Via Flaminia nel territorio Urbinate, Costacciaro divenne in breve tempo un avamposto militare molto importante, tanto che nel 1434 fu dotato della “mantellina”, un macchinario per la preparazione di sfere di pietra utilizzate per le bombarde del cassero e del castello. Decaduta la Signoria di Urbino, Costacciaro entrò nella sfera di influenza dello Stato Pontificio. Risale a questo periodo la nascita di una ferriera (1551) lungo il torrente Scirca, importante “zecchiera” dello Stato Pontificio che assunse un ruolo di primo ordine nell’economia del territorio fino al XVIII secolo.
Lo sviluppo equilibrato, negli ultimi decenni, non ha alterato la struttura di borgo medioevale di Costacciaro che ben si integra con la natura incontaminata del Parco Regionale dominato dal massiccio del Monte Cucco.
Storia di Fossato di Vico
L’antico nucleo di Fossato di Vico è situato sulla sommità di un colle nella piccola valle del Fosso Rigo. Tracce di presenza umana nel territorio sono documentate sin dall’età dei metalli, mentre i più antichi reperti archeologici (manufatti bronzei) risalgono all’epoca degli Italici, I millennio a.C.
E’ l’epoca in cui la vita si svolge sugli Appennini, l’epoca degli scambi tra le popolazioni dei versanti opposti nell’area del Valico. Più tardi, presumibilmente nel III secolo a.C., le popolazioni iniziarono a scendere dalla montagna e fondarono “Helvillum”, nome latino dell’insediamento ormai romanizzato. Nonostante la presenza romana, questa popolazione continuò a parlare la lingua umbra, come si evince da un’iscrizione del II secolo a.C., probabile elemento di un Tempio dedicato alla dea Cupra, venuto alla luce nel 1868 a Borgo (l’antica “Helvillum”). “Helvillum” probabilmente scomparve durante la lunga guerra goto-bizantina del VI secolo d.C., conclusasi con la vittoria dei Bizantini. Si deve probabilmente a loro la costruzione del primitivo castello di Fossato (oggi allo stato di rudere, chiamato “Roccaccio”), come rivela lo stesso nome di “fossaton” che in greco, la lingua parlata dai Bizantini, sta a significare “fortificazione in altura”. Il “di Vico” è un’aggiunta del 1862 a ricordo del Conte Vico, detto Lupo, che nell’anno 996 ottenne da Ottone III il vicariato. Il Castello ebbe un ruolo fondamentale nella difesa del Corridoio Bizantino dagli attacchi dei Longobardi, già padroni della Flaminia da Terni a Gualdo Tadino.
Nel corso del XII secolo scomparvero dalla storia di Fossato i nobili successori di Vico e subentrarono i Bulgarello, che governarono il paese per un secolo facendo vivere alla città le fasi più intense della sua storia: la costruzione di un secondo “castrum” (il paese attuale), le sottomissioni e la vendita del castello e dei suoi uomini, le guerre tra Perugia e Gubbio che se lo contesero per la sua posizione strategica.
Nel 1259 il castello fu definitivamente nelle mani dei perugini. Subito dopo divenne Comune dotandosi di quegli “Statuta” (tra i più antichi dell’Umbria), pubblicati nel 1386, che garantirono l’autogoverno per un periodo da primato, cioè fino al XIX secolo.
La grande stagione delle libertà comunali finì nel 1540, con la sottomissione allo Stato Pontificio, nel quale restò fino all’Unità d’Italia.
Storia di Scheggia e Pascelupo
Dal X al IV secolo a.C. l’area del Parco del Monte Cucco, come buona parte dell’alta valle del Tevere e fino ai massicci appenninici, fu abitata dagli Umbri che elessero Gubbio loro capitale religiosa e che nel territorio che oggi è di Scheggia e Pascelupo edificarono il Tempio di Giove Pennino. Ad Ensem (o in alcuni documenti, talvolta, ad Haesis) è il nome più antico che si conosca di Scheggia che fu dapprima una mutatio, ovvero una stazione per il cambio di cavalli e successivamente, con ogni probabilità, una postazione militare di una certa rilevanza di carattere militare dalla quale potrebbe derivare il nome latino.
Trovandosi lungo la direttrice dell’antica Consolare Flaminia il territorio del Parco è ovviamente ricco di storia. E’ in questa area, o in quelle immediatamente contigue che, per esempio, si combatterono battaglie che segnarono la storia antica: la Battaglia delle Nazioni, o Battaglia di Sentino (295 a.C.), che pose fine alle guerre sannitiche e la Battaglia di Tagina Tagina (luglio del 552), che contrappose l’esercito bizantino di Narsete a quello del re ostrogoto Totila, Distrutta proprio nel corso della Guerra Gotica (535-553), e ricostruita dai Bizantini intorno al 600 come avamposto a controllo dei Longobardi, la nuova città, sorta sulle rovine della Statio romana, prese il nome di Schiza (dal greco σχíζα, “scheggia” appunto).
Pascelupo, che invece non vanta origini romane, è uno straordinario avamposto fortificato edificato nel medioevo in forma di castello murato a pianta circolare.
Il Parco Regionale del Monte Cucco, delimitato in parte dalla via Flaminia che rappresentò in età classica probabilmente la più importante arteria nella viaria romana, è ricco di storia e di emergenze storico-archeologiche. Nelle aree dei quattro Comuni che formano il Parco sono molte e rilevanti le emergenze e le tracce di costruzioni e manufatti antichi (ponti, tracciati, basolati e frammenti lapidei) che un progetto comune, in corso di realizzazione, renderà più organicamente fruibile.
Significative tracce di insediamenti templari si trovano a Perticano, che fu sede di una Precettoria, come pure nell’Abbazia di Sant’ Emiliano e San Bartolomeo in Congiuntoli.
Storia di Sigillo
Al centro del parco, socato dalla via consolare Flaminia, si trova Sigillo il cui toponimo continui l’antico Suillum, municipio romano retto da duoviri come testimoniano una serie di importanti reperti archeologici rinvenuti nella piana di Scirca, in particolare il magnifico ed imponente Ponte Spiano. Scompare durante le invasioni barbariche (Totila Re degli Ostrogoti e poi Re d’Italia la distrusse durante la guerra Gotico – Bizantina 535 – 553). Ricostruita dai Longobardi fu dei Conti Vico di Fossato di Vico, feudatari di Ottone III dal 996.
Fu ancora distrutta nel ‘200 ma subito ricostruita dai suoi abitanti nel 1247; nel 1249 alcuni capifamiglia illustri di Sigillo si sottomisero ai domini di Gubbio per sottrarsi a Gualdo Tadino e sfuggire così al dominio della città di Perugia cui Gualdo Tadino appunto era sottomesso.
Fu soltanto intorno al 1274 che cadde sotto il dominio di Perugia che ne fece una sua fortificazione; il dominio di Perugia non è accetto ai pontefici che ne reclamano il possesso perché il paese è compreso nel territorio del ducato di Spoleto.
Nel 1370, a seguito della pace di Bologna, Sigillo passò sotto il dominio della Chiesa; ben presto però tornò sotto il dominio dei perugini che lo conservarono quasi ininterrottamente sino al XVIII secolo. Durante questo lungo periodo Sigillo subì le vicende legate alla politica perugina, e subì i contraccolpi delle guerre condotte da Perugia con i Montefeltro, con i Braccio da Montone con i Della Rovere subendone i saccheggi. Nel periodo napoleonico, Sigillo fu unito al Dipartimento del Trasimeno e poi a quello del Musone; nel 1816 ritornò sotto il dominio della Chiesa. Durante il risorgimento i sigillani parteciparono attivamente alle lotte per l’unità e l’indipendenza e nel 1849 si unirono alla Repubblica Romana.
Il 14 settembre 1860 Sigillo fu annesso al Regno di Sardegna e poi d’Italia.